Quando si parla di Napoli, della Campania e del Sud Italia, si pensa quasi sempre alle grandi voci della musica, agli attori, ai poeti, ai maestri dell’arte e della tradizione. Si raccontano storie di palcoscenici, strade, teatri, piazze.
Ma c’è un’altra cultura, silenziosa, sporca di olio e benzina, temprata in officine e circuiti di provincia: la cultura del motore.
In questa storia, un nome emerge da decenni, conosciuto negli ambienti delle corse ben prima che la comunicazione digitale facesse rumore:
Antonio Nani, “Mele” per tutti.
Non un personaggio costruito, non una figura da copertina. Ma uno di sostanza, di quelli che si riconoscono dal modo in cui stringono un bullone o ascoltano un motore al minimo come fosse una sinfonia.
Mele nasce e cresce in quella parte di Sud che non si arrende.
Un Sud fatto di officine illuminate fino a notte fonda, di mani nere di grasso, di sacrifici tesi verso un solo obiettivo: fare le cose come Dio comanda.
Quando fonda la Mele MotorSport, non apre semplicemente un’officina.
Dà vita a una scuola: un laboratorio meccanico, umano e sportivo dove si impara a correre, ma prima ancora a rispettare la macchina, la strada, e il lavoro.
In un territorio dove spesso mancano mezzi, strutture, riconoscimenti ufficiali, Mele costruisce una piccola “accademia” artigianale del racing.
Il suo modo di lavorare diventa linguaggio, educazione, stile.
Perché veniva chiamato “papà”
Era il modo in cui seguiva i piloti: non da tecnico, non da manager, non da spettatore.
Li accompagnava, li correggeva, li spronava.
Era presente prima, durante e dopo.
In pista era quello che:
metteva le mani dove pochi avevano il coraggio di metterle
capiva un problema dal rumore del cambio
sapeva quando una macchina era pronta, o quando “ancora no”
E se una vettura scendeva dal trailer senza essere “a posto”, non si correva: perché per Mele la velocità non era improvvisazione, era disciplina.
Molti piloti del Sud – giovani, promettenti, inesperti, talentuosi – sono passati dalla sua officina.
Alcuni sono cresciuti.
Altri hanno cambiato strada.
Ma ogni volto porta un segno:
la mentalità Mele.
La sua influenza non ha lasciato solo ricordi: ha lasciato metodo, identità, appartenenza.
E nella storia del motorsport meridionale, che possiede tanta passione e a volte poca cronaca, il nome Mele è parte della trama principale.
“La sua è storia da raccontare”
Non è un caso che oggi, dopo anni di piste e chilometri, sia in lavorazione un libro dedicato alla sua vita, al suo contributo e alla sua eredità.
Un libro che non vuole creare un mito, ma riconoscere una realtà:
quella di un uomo che ha inciso sulla storia dei motori del Sud con le sue mani, la sua voce, la sua testa, la sua officina.
Perché mentre molti parlano di passione, Mele la passione l’ha costruita.
A colpi di chiave, di sudore, di pazienza.
E l’ha fatta diventare strada, pista, memoria collettiva.
Il Sud non ha solo artisti. Ha Maestri.
E Antonio Nani “Mele” è uno di loro.
Non ha cantato.
Non ha recitato.
Non ha inciso vinili o riempito teatri.
Ma ha acceso motori, ha formato persone, e ha lasciato un rumore che non si spegne:
quello di un motore che gira come deve, perché c’è stata una mano giusta a regolarlo.
Ed è così che il Sud fa la sua Storia.


